8 marzo: significato queer e femminista di questa giornata
Oggi è l’8 marzo, il giorno che i più, purtroppo, associano alle mimose e agli auguri (e da quest’anno anche a tre nuovi gusti di gelato grazie al Comune di...
Oggi è l’8 marzo, il giorno che i più, purtroppo, associano alle mimose e agli auguri (e da quest’anno anche a tre nuovi gusti di gelato grazie al Comune di...
Oggi è l’8 marzo, il giorno che i più, purtroppo, associano alle mimose e agli auguri (e da quest’anno anche a tre nuovi gusti di gelato grazie al Comune di Genova...)
A noi di Brutta Figura piace, invece, ricordarlo come un giorno di lotta, per tutte le donne, ma non solo.
L’otto marzo non riguarda solo le donne cis etero, ma anche tutta la comunità queer. Riguarda tutt3, perché questa giornata rappresenta la rivolta contro il sistema eterocispatriarcale nel quale siamo immers3, e nel quale, senza accorgercene, spesso rimaniamo impantanat3.
Questo sistema, queste sabbie mobili, colpiscono anche e soprattutto la comunità queer, insieme a tutte le donne. Questo sistema ci discrimina, ci isola e ci fa credere di essere divers3. Ma divers3 da che cosa? Da quel paradigma che detta ogni regola, che crea la misura e la lettura di tutte le cose.
Questo è un giorno di lotta per tutte le donne e per tutte le persone discriminate in ragione di quel modello di privilegio. È un giorno di lotta transfemminista.
A guardare bene, infatti, lottiamo tutt3 contro lo stesso sistema, lo stesso apparato nel quale qualsiasi donna o soggettività queer è esclusa, in particolare le persone transgender, vittime di violenze, discriminazioni e isolamento continuo.
Perché l’odio transfobico nasce dall’odio per le donne, per le minoranze, per tutte le soggettività considerate non conformi a quello standard.
Il contesto patriarcale ed eteronormato in cui siamo immers3 ci porta a riflettere questo retaggio anche come persone e come coppie che non dovrebbero di per sé rientrare in suddetto paradigma, perché queer. La nostra società di stampo maschilista, infatti, porta anche le stesse coppie queer a vedere il modello eterosessuale come unico esempio legittimo di organizzazione della relazione amorosa e sentimentale.
Non siamo quindi immuni dal patriarcato. Nessunə lo è. Perché l’eterocispatriarcato ostacola la vita di tutt3 noi, crea degli stereotipi di genere nei quali inciampiamo ogni giorno, crea dei modelli ai quali istintivamente cerchiamo di assomigliare.
Le strutture patriarcali ed eteronormate di cui si fa vanto il mondo in cui viviamo sono le stesse che discriminano, isolano o feticizzano le persone queer. Per questo l’otto marzo è un giorno che riguarda tutta la comunità queer. Perché la lotta è una, non è spezzettata, non è egoista, non è solitaria.
In questo momento, dal fango, possiamo aggrapparci l’unə all’altrə per uscirne, per costruire il nostro percorso di liberazione.
Ribellarsi contro questo sistema significa riprenderci le nostre vite, i nostri corpi, la nostra libertà e le nostre scelte.
Noi donne, noi persone queer, vogliamo poter gridare, arrabbiarci, godere, masturbarci, fare sesso e vivere l’amore o anche solo una scappatella come ci piace, quando ci piace e dove ci piace.
Noi donne lesbiche vogliamo poter gridare il nostro amore, vogliamo non essere iper-sessualizzate, vogliamo sposarci, vogliamo fare sesso occasionale, vogliamo goderci i nostri dirittiche ci vengono costantemente negati.
Vogliamo essere libere, autodeterminate. Tutt3 vogliamo essere liber3 e autodeterminat3.
Permettetemi un’ultima piccola digressione. Fare un piccolo salto indietro nella storia è utile per capire quali sono le radici dell’istituzione della Giornata internazionale della donna. Spesso si crede erroneamente che l’otto marzo sia la ricorrenza dell’incendio avvenuto a New York all’interno della fabbrica tessile Cotton nel 1908, durante il quale rimasero uccise molto operaie.
In verità, l’otto marzo nacque come una risposta da parte del movimento internazionale delle donne socialiste a diversi avvenimenti che coinvolsero le donne di tutto il mondo, divenendo simbolo sì delle conquiste sociali, economiche e politiche raggiunte, ma anche e soprattutto simbolo della lotta, continua, per i diritti, in particolare per il diritto di voto.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, questa celebrazione venne portata anche in Italia su spinta del Partito Comunista italiano, mentre l’otto marzo 1972 si tenne a Roma la prima manifestazione femminista, che richiedeva tra le altre cose la legalizzazione dell’aborto e la liberazione omosessuale.
L’otto marzo, quindi, nasce da un movimento rivoluzionario delle donne, non da una festa con sorrisi e fiori freschi. Ma noi con quei fiori ci possiamo cucire un bellissimo vestito per scendere in piazza ogni giorno e ricordare al mondo che la nostra lotta è unica e unita.
Oggi camminavo per le strade di una città grigia e un po’ distratta, e una donna rinchiusa nel suo lungo cappotto con un mazzo di mimose in mano mi è passata a fianco, anche lei distratta.
Questo mi ha fatto riflettere sul concetto di “fare gli auguri” a una donna in questa giornata. Ho sempre pensato, e continuo ancora a farlo, che non ci sia niente da augurare a una donna nella giornata della donna che internazionalmente celebra e sottolinea i diritti delle donne. Quest’anno però voglio augurare a tutt3 tanti auguri di buona lotta.
Io questi auguri me li prendo, li accolgo, come una spinta a cercare di far sì che tutto questo non cada nel buio di una sola giornata. Li raccolgo uno ad uno e me li porto come scudo per tutto l’anno, per ogni momento, con gioia per chi sono e per chi rappresento, con rabbia per come vorrei che fosse il mondo intorno a me, e con speranza perché le mie sorelle mi fanno credere che tutto questo è possibile.
Scritto da Silvia Andrico
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